Il titolo di una serie di dipinti di René Magritte è L'Impero delle luci. Essi mostrano un paesaggio paradossale durante la notte sotto però un cielo illuminato dal sole. Tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta, l'artista ha lavorato su questo tema in altri 26 dipinti. I dipinti non sono organizzati in modo formale come una serie. Sono stati esposti in gruppi più piccoli, ma non sono mai stati esposti tutti insieme. Il dominio della luce è una delle traduzioni affibbiatole, e si differenzia dall'impero, in quanto quest'ultimo è associato ad un leader, mentre un dominio non lo è necessariamente.
L'opera
Nello sfondo abbiamo un cielo azzurro con nuvole bianche vaporose, mentre in primo piano è mostrata una strada buia con un lampione che rischiara debolmente un'abitazione in un ambiente cupo e completamente notturno. Sebbene le forme siano tridimensionali e la tecnica sia impeccabile, quasi accademica, il carattere distintivo del dipinto sta nel modo in cui sono rappresentate le cose. L'opera presenta due momenti distinti e opposti: La metà superiore è visibile durante il giorno, mentre la metà inferiore è visibile durante la notte. La luminosità del sole contrasta con la sensazione tradizionale di turbamento e sofferenza associata all'oscurità. L'obiettivo dell'artista era quello di spaesare lo spettatore.
Magritte utilizza l'ossimoro, una figura retorica che consiste nell'accostare parole che esprimono idee opposte. In questo dipinto è presente la rappresentazione simultanea del giorno e della notte. L'artista ricostruisce una procedura tipica dei sogni (è noto infatti che le teorie freudiane hanno avuto un impatto sugli artisti surrealisti come Magritte; il sogno è considerato l'essenza dell'uomo e per questo la sua rappresentazione diventa fondamentale).
Ispirazioni
Secondo una fonte, l'artista si è ispirato alle opere del pittore inglese John Atkinson Grimshaw, che a suo tempo si dilettava a dipingere vedute urbane al tramonto. Altre fonti affermano che i dipinti notturni del simbolista belga William Degouve de Nuncques abbiano influito sulla serie di Magritte. Un esempio di ciò è il dipinto La casa cieca. Secondo A. M. Hammacher, uno storico dell'arte, Magritte era interessato ai paesaggi di Caspar David Friedrich, il grande pittore romantico tedesco. William Rubin ha paragonato alcuni dipinti di Max Ernst, in particolare Foresta, sostenendo che il paesaggio notturno include enigmaticamente un luminoso cielo diurno. Lo stesso Magritte più tardi ripercorrerà tale strada con L'impero delle luci II. Altri confronti interessanti sono con le tempere di Salvador Dalí Vestiti di notte e di giorno e con il Night and Day di Max Ernst della Menil Collection.
Una tempera realizzata nel 1939, è il primo esempio di Magritte che gioca con l'idea della simultaneità tra notte e giorno. Un tramonto illumina bruscamente l'orizzonte di un cielo crepuscolare, proiettando un gruppo di alberi e case in primo piano in una silhouette nera che si riempie di stelle e luna crescente. Il titolo di questo dipinto è La Buona Fortuna, ma nel sito web del museo lo chiama Il veleno.
La serie di "L'impero delle luci"
Nonostante Magritte avesse già finito alcune versioni nel 1953, nella mostra alla Biennale di Venezia del 1954 ne mostrò una nuova versione che attirò molti collezionisti. Quell'anno ha prodotto più riproduzioni di grandi dimensioni e di alta qualità per soddisfare i collezionisti. Magritte ha così continuato a studiare il tema nei suoi dipinti.
Riprendono il tema anche una serie di murales nella sala da gioco principale del Casinò municipale di Knokke-Le Zoute, in Belgio. Magritte creò una serie di otto dipinti da cavalletto chiamati Il dominio incantato, che riprendevano e integravano vari temi che erano apparsi nelle sue opere precedenti. Sotto la sua supervisione, i suoi dipinti sono stati replicati sulle pareti in scala 1:6 in un panorama a 360 gradi, che è stato completato nel 1953.
Le salon de Dieu, è un altro dipinto del 1958 in cui Magritte cambia l'illuminazione, mostrando un paesaggio illuminato dal sole sotto un cielo notturno. Ne sappiamo l'esistenza in quanto Magritte ne parla in una lettera non datata a Suzi Gablik.